Santa Maria Incoronata
Questa chiesa, edificata al tempo degli Sforza non è di per se particolarmente grande; la sua eccezionale singolarità sta nel suo farsi, anziché una, due. Due facciate gemelle in mattoni a vista, nello stile del primo rinascimento lombardo, terminano a capanna e sono sostenute da contrafforti laterali. Un po’ come fossero due sposi a braccetto a osservare lo scorrere dei passanti sul Corso Garibaldi nel finire del suo tratto, verso la porta Comasina. Stemmi araldici e lapidi, distribuiti alle pareti interne ed esterne della chiesa, ci dovrebbero aiutare a rintracciare le tappe dell’intricata vicenda architettonica e storica dell’edificio. Divenuta Santa Maria Incoronata, già San Nicola da Tolentino e la Beata Vergine di Garegnano.
Tracce di affreschi alle pareti e decorazione lapidee di capitelli e chiavi di volta, parlano una lingua dotta che ci ricorda come l’Incoronata sia stata a lungo officiata dalla Congregazione dell’Osservanza Agostiniana.
Senz’altro l’episodio pittorico più interessante si trova sulle pareti di quella che oggi è la prima cappella sulla sinistra, ma che doveva in origine avere una collocazione più centrale nello spazio liturgico. Si tratta di un affresco del maestro Bergognone, dall’iconografia tanto rara, quanto parlante: Cristo sotto il torchio a forma di Croce, con i piedi immersi in un tino, pigia il suo sangue, che viene poi raccolto dai Padri della Chiesa. Il Torchio Mistico rende in immagine un pensiero teologico in questo modo reso accessibile a molti, uno di quei tanti pensieri che i frati ruminavano durante le lunghe ore passate seduti sui deschi della biblioteca umanistica, la cui sala si può ancora apprezzare salendo al primo piano. Uno spazio incantevole, suddiviso da esili colonne e coperto da archi a crociera, che conserva qualche traccia di quella che in origine doveva essere una preziosa decorazione parietale.
Degli antichi chiostri, oggi ne rimane uno, quello grande a portici con archi a sesto acuto
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